Alla fermata Sant'Elena la sicurezza è un optional
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il Gatto Nero
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il Gatto Nero
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2013-03-31T04:12:00Z
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DOVEROSA PREMESSA - Il Contratto di Servizio, già: si auspica che nel rinegoziare il proprio, riferito alle tre ferrovie ex-concesse (Laziali-Giardinetti, Roma-Lido e Roma-Civitacastellana-Viterbo) la nuova Giunta regionale riesca a far un pochino di chiarezza nelle rendicontazioni delle attività gestionali della Società Capitolina. Nel 2012 il CdA dell’Atac ha deliberato ben 3,2 milioni di euro di «premio produzione», 1,9 milioni per i dirigenti (all’incirca 15mila euro a manager) e 1,3 milioni per i quadri. Ma con l’aumento del disavanzo e con la costante (e accertata) riduzione della qualità dei servizi, rimane davvero difficile comprendere quali siano stati i traguardi raggiunti dai vertici societari. A questo punto le domande sorgono spontanee: chi ci dice che i dati forniti dalla governance (che ha tutto l’interesse a dimostrare di aver raggiunto gli obiettivi prefissati nel Contratto) corrispondano alla verità? Inoltre, chi ci dice, ad esempio, che le corse (delle ferrovie, delle metropolitane, dei tram e degli autobus) computate e riportate dall’Atac siano state realmente eseguite?
E che dire del passaggio pedonale, ricco di pericolosi avvallamenti, e della ringhiera di delimitazione, che impedisce ai macchinisti come ai fruitori di avere la completa visuale; tra l'altro, non essendoci uno spazio franco tra quest’ultima e il binario, gli utenti molto spesso corrono il serio rischio di trovarsi di colpo faccia a faccia col treno.
Pure la segnaletica fa acqua: c'è un solo cartello di avvertimento, uno solo, contato, che per giunta nessuno vede poiché è stato montato a due metri di altezza.
Infine, c’è la somma genialata, la trovata eccelsa; le ultime righe è bene dedicarle a lui, al genio che ha piazzato i pali di illuminazione al centro del marciapiede stesso.
Mentre si attende un qualsiasi segnale,
meglio se propositivo, da parte dell’amministrazione di Roma Capitale e dall’Atac SpA in merito alla nota vicenda del nodo
di scambio di Centocelle, un’altra dèfaillance fa capolino sulla ferrovia Laziali-Giardinetti; linea tanto bistrattata quanto utile,
specie alla stessa Azienda, che intasca i proventi dell’esercizio dalla Regione
Lazio, sulla base del Contratto di Servizio, senza aver mai cacciato un
centesimo per migliorare l’infrastruttura. Sia chiaro un concetto, onde evitare
il solito codazzo di polemiche, una linea ferrata deve sempre garantire
standard qualitativi elevati, pertanto la chiusura della Giardinetti, qualora
vi sarà, non può, in nessun modo, costituire un alibi per l’Atac.
DOVEROSA PREMESSA - Il Contratto di Servizio, già: si auspica che nel rinegoziare il proprio, riferito alle tre ferrovie ex-concesse (Laziali-Giardinetti, Roma-Lido e Roma-Civitacastellana-Viterbo) la nuova Giunta regionale riesca a far un pochino di chiarezza nelle rendicontazioni delle attività gestionali della Società Capitolina. Nel 2012 il CdA dell’Atac ha deliberato ben 3,2 milioni di euro di «premio produzione», 1,9 milioni per i dirigenti (all’incirca 15mila euro a manager) e 1,3 milioni per i quadri. Ma con l’aumento del disavanzo e con la costante (e accertata) riduzione della qualità dei servizi, rimane davvero difficile comprendere quali siano stati i traguardi raggiunti dai vertici societari. A questo punto le domande sorgono spontanee: chi ci dice che i dati forniti dalla governance (che ha tutto l’interesse a dimostrare di aver raggiunto gli obiettivi prefissati nel Contratto) corrispondano alla verità? Inoltre, chi ci dice, ad esempio, che le corse (delle ferrovie, delle metropolitane, dei tram e degli autobus) computate e riportate dall’Atac siano state realmente eseguite?
Qualcuno potrebbe rispondere che è stata istituita
un’apposita commissione: bene, ma i suoi membri hanno mai compiuto delle vere ispezioni? Sono mai andati personalmente ai capilinea e/o
alle stazioni di testa? È inutile, come la giri la giri, la faccenda resta
nebulosa, e ciò alimenta la diffidenza nei confronti della politica. Occorre
riorganizzare, rivedere, rimettere le mani alle società di servizio controllate
da Roma Capitale, Atac in primis; serve trasparenza,
visto che sono sovvenzionate col denaro pubblico. E imporre un tetto
massimo agli stipendi dei manager, già potrebbe essere un buon inizio…
FERMATA SANT’ ELENA - Né il suo nome, che deriva dalla celeberrima par-rocchia SANT’ELENA FUORI PORTA PRENESTINA, eretta nel 1915 per volere di Pio X, né
la sua posizione strategica, sono riusciti a risol-levare le sorti della
fermata ferroviaria, ubicata tra Ponte Casilino e
Villini, nel cuore del Pigneto (ex-Municipio Roma VI). Fin da subito si capisce che necessita di interventi
strutturali; di interventi strutturali, meglio ripetere il ragionamento, e non
di palliativi, come la riduzione della velocità (è provato che un convoglio ferroviario può essere pericoloso anche ad una velocità pari a 5 Km/h).
ASPETTI CRITICI – Molteplici sono le problematiche, le quali messe insieme, sommate tra loro rendono la Sant'Elena una fermata
insicura. A cominciare dalla banchina, usata per entrambe le direzioni, la
cui larghezza va da un minimo di 85 a un massimo di 125 centimetri circa per 64
metri di lunghezza. Sono le misure di un corridoio.
I momenti delicati si hanno nelle ore di massima affluenza, quando la pseudo-banchina strabocca di studenti e di lavoratori; basta poco, una spinta accidentale, nella ressa è facile che capiti, o una distrazione o, peggio ancora, un semplice capogiro.
I momenti delicati si hanno nelle ore di massima affluenza, quando la pseudo-banchina strabocca di studenti e di lavoratori; basta poco, una spinta accidentale, nella ressa è facile che capiti, o una distrazione o, peggio ancora, un semplice capogiro.
E che dire del passaggio pedonale, ricco di pericolosi avvallamenti, e della ringhiera di delimitazione, che impedisce ai macchinisti come ai fruitori di avere la completa visuale; tra l'altro, non essendoci uno spazio franco tra quest’ultima e il binario, gli utenti molto spesso corrono il serio rischio di trovarsi di colpo faccia a faccia col treno.
Pure la segnaletica fa acqua: c'è un solo cartello di avvertimento, uno solo, contato, che per giunta nessuno vede poiché è stato montato a due metri di altezza.
Infine, c’è la somma genialata, la trovata eccelsa; le ultime righe è bene dedicarle a lui, al genio che ha piazzato i pali di illuminazione al centro del marciapiede stesso.
Gli spazi per modificare e ampliare la fermata ci sono,
manca solo la fantasia, specie in casa Atac. Alè.
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