Atac, risate a denti stretti
Carta di un certo peso, formato
atipico, grafica ed impaginazione di dubbio gusto, 24 pagine in tutto, comprese
le copertine, con foto in quadricromia. All’interno articoli incentrati
soprattutto ad osannare, usando i consueti toni trionfalistici, le gesta della governance. È il periodico dell’Atac SpA «TPL», diretto da Maurizio Sgroi e curato dalla Direzione
Comunicazione.
Il numero 4 (novembre/dicembre
2012) parte nientedimeno con una lunga intervista a Grappelli, presidente
dell’Atac, su cui è meglio sorvolare, continua con un pezzo dedicato all’affidamento in house, che ha sollevato un
vespaio di polemiche, e prosegue con altre amenità/bestialità di stampo
propagandistico. La pagina 15 è dedicata alla storia dell’Azienda e, nello
specifico, ai tram articolati «Stanga»: ma solo a leggere il titolo, il corpo
inizia a contorcersi, scosso dagli impulsi incontrollati dei muscoli, e sale,
monta la rabbia fino a esplodere in una fragorosa risata isterica. E siamo solo
al titolo.
Al terzo capoverso, seconda
colonna, arriva la bordata, quella vera, che colpisce direttamente lo sterno e
lascia il malcapitato lettore senza fiato per qualche interminabile istante. Ma
perché, uno si domanda, volgendo lo sguardo al cielo, perché la storia è
lasciata alla mercè dei primi arrivati? Perché devono
stuprare il glorioso passato dell’Atac, così
denso di emozioni? Cos’ha fatto di male l’Azienda per meritarsi questo?
Quesiti, interrogativi e dubbi, ah! poveri soldi dei romani!…
L'Ods Atac n. 704 del 1947 |
Dunque, secondo l’autore del
pezzo, dalla segreta identità (forse), «nel 1948, infatti, fa ingresso sulla
scena romana il tram articolato Stanga (…)». Niente di più errato: la prima
vettura Stanga entrò a far parte del parco rotabile tranviario nel novembre del
’47 (Ordine di Servizio n°704 del 14 novembre 1947). Ma lasciamo correre, d’altronde
si tratta di qualche mese di differenza, voglio essere clemente.
La riflessione dura pochi secondi, il tempo necessario al cervello
a elaborare l'immagine appena acquisita dagli occhi. Un sussulto. Ultima riga,
medesima colonna:
«La giostra è un progetto dell’ingegner Pierluigi Urbinati»...
…ALT, ho letto bene?...
…aspetta, torniamo indietro…
L'articolo uscito su TPL |
«La giostra…»
…accidenti, troppo indietro, un
pochino più avanti…
«…ingegner Pierluigi Urbinati»!
Pierluigi chi?
«Urbinati»!
...Oh, porca, ma come Pierluigi?!? (e le braccia, per non dire altro,
si staccarono di netto e caddero inesorabilmente ).
È come sostenere che “Il 5 maggio” è un componimento di Gioacchino Manzoni. Il paragone può sembrare audace, ma la realtà è ben diversa. L’ing. Urbinati ha la medesima fama del Manzoni: la sua rivoluzionaria invenzione, chiamata Giostra Urbinati in suo onore, che risorse il problema dell'articolazione delle semicasse appoggiate a un carrello, fu utilizzata sia nel campo tranviario sia in quello ferroviario, negli Stati Uniti come nella vecchia Europa.
Urbinati ha fatto la storia del trasporto pubblico, anzi, si può tranquillamente affermare che il suo nome è ancora oggi sinonimo di trasporti a guida vincolata; però, Mario Urbinati, MARIO, MARIO e non Pierluigi.
Nel 1944 l'Ing. Urbinati
viene nominato Direttore
Generale della STEFER
|
Pertanto leggere uno
strafalcione di tale portata, nel periodico ufficiale dell’Atac, ha dell’incredibile. Confondere il
nome di Urbinati, proprio di lui, di uno dei padri della S.T.F.E.R. prima e della S.T.E.F.E.R. poi (antesignana
dell'A.Co.Tra.L., di Met.Ro. SpA e
di conseguenza dell'odierna Atac), di colui al quale si deve buona parte
della ricostruzione post-bellica delle ferrovie laziali. È più di un errore, di
un refuso, è segno d’ignoranza e di superficialità: elementi che si ritrovano
nella maggior parte dei volumi pubblicati dalla stessa Atac.
Ma c’è poco da scandalizzarsi, da strabuzzare gli occhi. Chi è Maurizio Sgroi, il direttore responsabile della testata (retribuzione annua lorda: 111.692 Euro - MBO percepito nel 2011, su obiettivi 2010: 11.200 Euro)? È uno che nel febbraio del 2011 affermò, in suo comunicato stampa, che le elettromotrici M.R. 100, M.R. 200 e relative rimorchiate non hanno mai prestato servizio sulla ferrovia Roma-Lido.
Ecco in che mani è finita la storia dell’Atac ed ecco come si spendono i soldi dei romani. Alè.
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