Atac Anno Zero
Pubblico
volentieri la lettera di Mauro Di Pietrantonio, ricercatore
meticoloso e ottimo conoscitore della storia del trasporto pubblico di Roma e
del Lazio, circa la nuova pubblicazione di Atac SpA “Memorie di Guerra”. Ancora
una volta, anche se a costo zero, la Società Capitolina, propina un’opera
superficiale e insignificante, che non aggiunge nulla a quanto è stato già
scritto. Mi auguro che il Sindaco Marino, che ho avuto il piacere di sostenere,
mettendoci la faccia, cambierà questo modo di raccontare la storia della
gloriosa Atac…
Caro
David, non so se hai letto "Memorie di guerra, i bombardamenti
del '43 a Porta Maggiore, Portonaccio e delle officine di
Prenestina".
Leggendo
questo titolo ingenuamente ho creduto che, in occasione dei 70 anni dal primo
bombardamento di Roma, in ATAC qualcuno avesse pensato di raccontare le storie
dei tranvieri romani coinvolti in quei tragici eventi di guerra. Mi ero illuso.
Visto l'autore non poteva nemmeno essere altrimenti. Di Gian Luca Naso sono
stati ampiamente dimostrati la totale incompetenza nella materia storica del
TPL romano e l'evidente dilettantismo di raccontarla per i soliti luoghi comuni
come le metropolitane mai fatte [nota 1], e non ci si poteva certo aspettare
niente di meglio.
Ben
lungi dal raccontare il dramma del personale e delle famiglie, dell'azienda e
dei suoi impianti devastati, quindi, Naso non fa che ripetere i soliti e oramai
stucchevoli racconti sul bombardamento del 19 luglio 1943, spesso utilizzati
con molte esagerazioni per la solita mania di essere antifascisti a ogni costo.
Racconti che, per tale conformismo antifascista, non devono ovviamente
ricordare che i due bombardamenti di Roma del 19/7 e del 13/8 furono due
bombardamenti tattici e non terroristici, come quelli che distrussero quasi
tutte le grandi città tedesche (Amburgo con 100.000 morti in tre notti di fuoco
consecutive e la città bruciata come un fiammifero dalle bombe al fosforo;
Dresda, caso analogo e per giunta del tutto inutile perchè compiuto quando la
Germania era già a terra) oltre che quelle italiane (es. Palermo, Messina, Milano, Napoli,
Genova, Torino, ecc.).
Certo,
colpendo gli scali ferroviari anche i quartieri circostanti sono stati colpiti.
Nel caso del 19 luglio i primi sganci furono precisissimi e colpirono il bivio
ferroviario, del Mandrione. I piloti delle successive ondate di bombardieri
[nota 2], vedendo solo il nuvolone di polvere che si era alzato non potevano
puntare con esattezza gli obbiettivi, da cui i molti danni nei quartieri
vicini, come sempre è avvenuto. Ma sono cose che nessuno, anche chi allora era
a Roma, può osare di raccontare: no, il bombardamento di Roma DEVE essere stato
terribile, terroristico, ecc. e nessuno fa caso al fatto che, anche dopo i due
attacchi, la vita a Roma seguitò più o meno al solito, la rete di tram e
filobus fu più o meno rimessa in condizioni di operare (seppure limitatamente),
una situazione che nelle città veramente bombardate era ben lungi da potersi
verificare.
Tolto
tutto questo cosa rimane? Una scialba narrazione di cose scritte e riscritte
più volte, infarcita con qualche citazione dagli ordini di servizio aziendali
(che ricalcano disposizioni dell'autorità ampiamente descritte da autori degni
di questo nome), una sequenza di belle foto, e nessun accenno, tra i tanti che
si potevano fare, ai ragazzi di età compresa tra il 14 e 18 anni che erano stati
assunti in via provvisoria, per sostituire perlopiù i padri e gli zii al
fronte. Ragazzi che lavoravano come praticanti falegnami e meccanici alle
Officine di Prenestina, altri come fattorini sulle vetture, molti dei quali
rimasti sotto le macerie, altri scampati alle bombe e feritisi per portare
soccorso ai colleghi (ma forse il Naso non ha letto le relazioni riassuntive
sui danni di guerra e sulla riattivazione di materiale e rete, compilate anno
per anno dal 1942 al 1949, a dimostrazione di quale sia il reale livello della
sua competenza storica).
Poteva
parlare degli autisti che con grande coraggio, sfidando le azioni di guerra,
guidavano giornalmente alcuni autobus riadattati al trasporto materiali da Roma
a Milano, dove l'ATAG aveva aperto un ufficio per mantenere i contatti coi
fornitori del nord di Italia.
Ma
tant'è, la storia è sempre e soltanto una scusa per mettersi in mostra, per
farsi credere quello che non si è. Il bello è che questo libro è il primo
di una serie. Se il buongiorno si vede dal mattino...
Nota
1 - Gli autori dilettanti, infatti, non fanno altro che
copiarsi tra di loro, e lo spunto è sempre uno stucchevole canovaccio preso da
chissà dove, canovaccio che ce la mena sulle metropolitane che Roma non ha,
sulle lotte sindacali dei tranvieri, sulle donne impiegate alla guida dei tram,
sugli autobus brutti, zozzi e cattivi che hanno soppiantato i tram, e via
dicendo.
Nota
2 - Per la precisione
gli aerei che bombardarono Roma erano bimotori e non fortezze volanti, come
sempre si è detto per drammatizzare di più la cosa, come pure molti spettatori
di quelle tragiche vicende hanno testimoniato. E' anche una balla la storia
della gigantesca bomba da 1000 libbre, che solo un quadrimotore pesante avrebbe
potuto portare. Altra vecchia cavolata ripetuta in questo libro è quella dei
caccia americani che mitragliarono a bassa quota i civili indifesi. Nonostante
che questa fosse una pratica usuale negli attacchi degli angloamericani alle
città, nel caso di Roma non fu assolutamente impiegata. In primo luogo i
bombardieri arrivarono senza alcuna scorta di caccia, che sarebbe stata del
tutto inutile dal momento che nel 1943 avevano la supremazia assoluta
dell'aria; la nostra aereonatica era praticamente assente, e se qualche eroe si
fosse avventurato ad avvicinarsi, col suo modesto Macchi 200, alle formazioni
americane, queste lo avrebbero subito abbattuto con le armi di bordo. Invece
accadde che verso il termine dell'incursione, sarà stato dopo le 14, un gruppo
di bimotori a bassa quota, quasi a volo radente, prese a sparare con i cannoni
e le mitragliatrici pesanti contro le rotaie di quelle tratte di binario
risparmiate dalle bombe, per scalzarle, azione che seguitò poi, sporadicamente,
per tutto il pomeriggio. Naturalmente, visto il fumo, il polverone, ecc. e la
prossimità in molti punti dei binari alle case (Prenestina), finirono per
rimetterci la vita anche molti civili. Ben altro succedeva in Germania, dove,
se 700 quadrimotori erano spediti sopra una città dovevano essere accompagnati
da almeno il doppio di cacciatori, perché in caso contrario ne sarebbe
rientrata sì e no la metà.
Mauro Di Pietrantonio
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