Caffè amaro a Roma, storia di ordinaria speculazione
«C’è un errore?»,
ha domandato il mio amico visibilmente provato. «No, nessuno errore», gli ha
risposto piccata la cassiera. Nessun errore, dunque, 17.55 euro (diconsi diciassette/55 euro) per due caffè e una bottiglia d’acqua
liscia da 0,75 ml. Assurdo.
Può sembrare una leggenda metropolitana,
invece è accaduto davvero. Ieri pomeriggio, venerdì 19 luglio, ero in compagnia
di mio amico, c’eravamo incontrati per parlare di cose delicate. Scegliamo di
andare da Rosati, il
rinomato bar in Piazza del Popolo, nel cuore di Roma. Prendiamo posto nella
sala interna, senza aria condizionata, tanto per la cronaca, e ordiniamo. Neanche
il menù ci hanno portato, altro piccolo particolare. Alla fine della piacevole
conversazione, l’amara sorpresa: dal registratore di cassa sbuca uno scontrino
che non ha nulla di terrestre, 17 euro e 55 cent. – e dico diciassette! -. Come?
«Sì – rimbecca la cassiera – diciassette e cinquantacinque». Caspita, e il
sangue come lo preferite, riposto in un flacone oppure basta semplicemente un
bicchiere? Consiglio al Direttore di dotare la cassa di un defibrillatore.
Al di là delle battute, io posso
capire tutto, la scenografia, il locale, l’affitto da pagare, ma 5 euro a
caffè, quando a loro gli costa al massimo 0.20 Euro, e altrettanti 5 euro per
una bottiglietta, che all’ingrosso la pagano massimo 0.30 euro, mi sembra
davvero un’esagerazione. E poi ci sono 2,55 Euro per il Servizio. «Nella Regione Lazio, già dal 2006, -
scrive il Codici
- è in vigore una legge che vieta ai ristoratori di far pagare ai clienti il
coperto. La legge è la numero 21, che nell’articolo 16 comma 3 dichiara:
“Qualora il servizio di somministrazione sia effettuato al tavolo, la tabella
od il listino dei prezzi deve essere posto a disposizione dei clienti prima
dell'ordinazione e deve indicare l'eventuale componente del servizio con
modalità tali da rendere il prezzo chiaramente e facilmente comprensibile al
pubblico. E' inoltre fatto divieto di applicare costi aggiuntivi per il
coperto”.
La legge è molto
chiara, ma evidentemente non abbastanza, se si considera che un rilevante
numero di ristoranti riescono sapientemente ad aggirarla. Quello che appare
come “servizio” infatti, altro non è che il vecchio “coperto”, camuffato per
non incorrere in complicazioni legali».
La storia ovviamente non finisce qui: oltre a
portare all’attenzione dei media tale episodio, presenterò formale esposto alla
Polizia annonaria di Roma Capitale, anche per la storia del “coperto” camuffato
da “servizio”. Alè.
http://www.ilmessaggero.it/ROMA/CRONACA/caffe_prezzi_bar_roma/notizie/306351.shtml |
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