Lavori Porta Maggiore: Atac risponde a Il Tempo

L’Azienda romana addossa le responsabilità alla ditta, ma i fatti smontano la tesi di via Prenestina

Sul caso dei lavori a Porta Maggiore, sollevato da Il Tempo martedì scorso, Atac prova a dire la sua: «Problematiche risolte e danni a carico della ditta esecutrice», hanno esordito da via Prenestina, all’indomani dell’articolo. «I lavori di adeguamento della sede rotabile [sostituzione intersezioni metrotranviarie lato piazzale Labicano ndr], sono stati svolti da una ditta esterna che ha già preso in carico i costi derivanti dai danni procurati ai due treni [della ferrovia Laziali-Giardinetti ndr] che hanno urtato al passaggio il ciglio della banchina». E ancora: «È stata data immediata disposizione affinché si operasse in prima battuta con un intervento tampone, attraverso la rimozione temporale dei cigli di banchina. Mentre nella giornata di ieri [martedì 15 ndr] i tecnici della ditta hanno effettuato un nuovo rilievo topografico che permetterà di risolvere definitivamente il problema».

Il comunicato non convince per niente. Se davvero avessero avuto qualcosa da obiettare, perché farlo solo dopo la denuncia del quotidiano? È chiaro che si tratti della solita giustificazione accampata per salvare le apparenze.  Anche perché la legislazione in materia di lavori pubblici affidati in appalto obbliga «le amministrazioni aggiudicatrici [nel caso specifico Atac ndr] a istituire un ufficio di direzione dei lavori costituito da un direttore dei lavori», cui spetta, tra l’altro, il «compito di verificare la corretta esecuzione delle opere». Quindi, in Atac non potevano non sapere. A questo punto ci si chiede, dove si trovasse il Direttore dei Lavori Nazio (Disposizione Operativa n. 71 del 28/03/2014), quando gli operai dell’impresa esecutrice (la ACMER SpA di Milano) sostituivano l’intersezione incriminata (direzione Roma Laziali), e quali siano stati i suoi criteri nel far le valutazioni finali. Ci si chiede altresì come il Reparto Armamento abbia potuto rilasciare il Nulla Osta per quella tratta. Un mistero, specie se si considera che gli errori commessi in questa crociera siano ben visibili (disallineamento coi binari ferroviari e conseguente formazione di cuspidi nei quattro punti di congiunzione).


Anche la dichiarazione successiva, «il servizio è svolto in totale sicurezza per mezzi e persone», suscita più di qualche perplessità, scaturite, dal fatto che l’area interessata ai lavori, un vero e proprio cantiere a cielo aperto, è stata abbandonata a se stessa. È priva di un’adeguata segnaletica di avvertimento e di un camminamento, necessario agli utenti per accedere alla banchina ferroviaria dal piazzale Labicano, senza rischiare di incespicare, di spezzarsi una gamba sui binari o di finire sotto il treno. Le condizioni peggiorano nelle ore serali, poiché l’area è scarsamente illuminata; c’è sì un lampione, peccato però che da qualche tempo ha due lampade fulminate. Pure i macchinisti hanno poco da gioire. La prescrizione emanata dalla direzione di Centocelle, «procedere con la massima precauzione», fin troppo generica, pare essere un modo per scaricare sul personale ogni responsabilità. Infatti, date le numerose criticità (piano inclinato, punto neutro e area lavori), sarebbe stato più congruo e leale stabilire la massima velocità consentita in quel tratto, ad esempio 15 km/h, onde evitare spiacevoli inconvenienti.  Alè.

   David Nicodemi


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