Metro B, scivolone de La Repubblica
Tre strafalcioni, un solo articolo, quello apparso il 17 settembre sulle pagine del noto quotidiano.
Da una delle testate giornalistiche più
seguite, anche oltre i confini Nazionali, che, volente o nolente, occupa un
ruolo di spicco nella comunicazione, ci si aspetta altro. Non che gli scivoloni
capitino sovente, sia chiaro, lungi dall’ironizzare o mettere alla berlina il
lavoro di cotanta Redazione, però una tiratine di orecchie ci sta tutta.
L’influenza dei media è tale che quando il
Sindaco Marino, il marziano, nel luglio del 2015,
affermò pubblicamente che «i disservizi della metro sono colpa di singoli
macchinisti», il clima si inasprì ulteriormente e gli utenti, esasperati
dalle condizioni del servizio, si scatenarono. Quelle dichiarazioni
innescarono una miccia pericolosa, insieme a una campagna mediatica
martellante, che dava per certo l'attuazione di uno «sciopero bianco» a
dispetto dei pendolari. Le aggressioni al personale viaggiante di Atac aumentarono,
sia verbali che fisiche, ormai l'opinione pubblica era convinta. Il caos, la guerra tra poveri come
arma sia per scaricare le responsabilità sull'anello più esposto della catena
produttiva (autisti, macchinisti, capistazione etc.), sia per convincere lo
stesso personale ad accettare le nuove, e pessime, condizioni lavorative e salariali (ERA
1/ERA 2). Marino ci cadde con tutte le scarpe, ma
questa è un'altra storia.
Tornando all’articolo, passi il titolo, nel
quale, ancora una volta, il macchinista è stato definito «autista», sono due
ruoli professionali radicalmente diversi, passi, inoltre, la storia delle
«videocamere» nelle gallerie della Linea B, ultime tre righe, altra inesattezza. Le telecamere, infatti, sono installate nei locali delle fermate (accesso, scale mobili e banchine) e sui treni CAF. Ma passi, ugualmente, in fondo sono errori veniali.
La terza svista non può essere ignorata, è la più eclatante e, se vogliamo, rappresenta un giallo.
Nel pezzo, che tratta dell’inchiesta giudiziaria circa il tamponamento tra
due treni, avvenuto la mattina del 5 giugno 2015 alla fermata Eur Fermi,
il giornalista Francesco Salvatore, l’autore, scrive che «secondo
gli inquirenti sarebbero tre gli elementi a fondamento del reato di disastro
colposo. C’è il mancato segnalamento dell’assenza del secondo
conducente […]». Il secondo agente? Mancato segnalamento? Ma sulle
ferrovie metropolitane è previsto un solo macchinista, non esiste il secondo
agente di condotta né tantomeno il capotreno, figura, invece, indispensabile
per le ferrovie di prima, seconda, terza e quarta categoria. Dove l’ha tirata
fuori questa storia? Ha mal interpretato oppure davvero i magistrati sono
convinti di questo (cosa, tra l’altro, inverosimile)? È importante saperlo. Si
attendono chiarimenti dal quotidiano La Repubblica, sia per dissipare i dubbi
che per tranquillizzare i viaggiatori romani delle linee della metropolitana,
ad eccezione della Linea C, ovviamente. Nanni Moretti ha
ragione, «le parole sono importati». Mai come adesso. Alé.
David Nicodemi
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