I lavoratori Atac bocciano la macro a Cinque Stelle
La nuova nuova organizzazione dell'Azienda non convince il personale. Critici soprattutto i simpatizzanti del Movimento, che si dicono «delusi», «amareggiati» e «traditi»
La nuova macro Atac a Cinque Stelle non convince il
personale aziendale, «troppa contigua alla precedente», «una merd..a», «cambiando
l’ordine degli addendi, il prodotto rimane lo stesso». Critici, con la scelta
di via Prenestina, sono soprattutto i simpatizzanti del Movimento, che si
dicono «delusi», «amareggiati» e «traditi»: «è stata una pugnalata alle spalle
che non meritavamo».
In verità nessuno si immaginava
di ritrovare, nella nuova riorganizzazione di Atac, approvata venerdì mattina,
le solite facce. «Io non ho parole ma solo parolacce», taglia corto Claudio De Francesco della Faisa-Confail, «prima dicono che questi
in vent’anni hanno distrutto l’Azienda e poi li rimettono nella catena di
comando». Effettivamente, basta fare un confronto. «Sì, qualcosa non torna», afferma
un macchinista, «ma che sia una strategia? La Raggi e il M5S capitolino, a mio avviso, conoscono bene la nostra situazione».
Potrebbe essere, come potrebbe anche essere che il Campidoglio abbia dovuto sottoscrivere,
per forza di cose, un armistizio. E cioè, la macro.
Le ipotesi sono infinite, ciò che
conta, adesso, è disinnescare la reazione a catena generata dalla Disposizione
Operativa 21. Un’impresa tutt’altro che semplice per i referenti capitolini,
qualunque sia stata la motivazione di base, perché i primi a storcere il naso
sono proprio gli elettori/attivisti del Movimento, presenti in Azienda. Una
fetta non indifferente. «Mah, dov’è la logica?», domanda un autista, scuotendo
il capo, «mi hanno deluso, non era questo che ci aspettavamo». Mentre un suo
collega che aggiunge: «Guardatevi bene attorno, una desolazione. La vedete
quella sfilza di vetture? Sono guaste, da tempo. Le altre, invece, le trovate
accasciate ai bordi delle strade, fatevi un giro per sincerarvi. Le responsabilità
sono di quei capoccioni che oggi sono stati riconfermati, come se nulla fosse. Lasciamo
perdere». «Abbiamo votato compatti il Movimento», rincara la dose un altro, «ci
devono dare delle spiegazioni. È un loro dovere». «Alcuni personaggi riescono
sempre a stare a galla e in posizione strategiche», attacca un ex-lavoratore
Atac, pentito di aver sostenuto il M5S, «fateci caso, alcuni di loro erano
stati assunti, sempre senza concorsi né titoli, per migliorare il servizio del
TPL, ma ancora oggi siamo in queste condizioni. E, nonostante la vittoria dei
moralizzatori, continuano a percepire stipendi, premi produzione, premi di
risultato, indennità di fascia, assegni ad
personam».
La bocciatura è clamorosa e pesa,
sull’intera compagine pentastellata, come un macigno catapultato a gran velocità.
Del resto le sorti di Atac - e di conseguenza del Tpl romano - è uno degli argomenti più sentiti e la Raggi si potrebbe giocare buona parte della sua credibilità.
Il Blog ha contattato uno dei
protagonisti, Enrico Stefàno, Presidente
della commissione Trasporti in Campidoglio, chiedendo se volesse dire la
sua, liberamente, ma fino adesso non c'è stata alcuna risposta dal diretto interessato. Peccato. Questa mattina, intanto, l’Amministratore Unico Manuel Fantasia ha illustrato la macro
ai dirigenti/quadri aziendali, e domani, 11 ottobre, farà altrettanto con le
Organizzazioni Sindacali.
«È possibile, per un nuovo
Amministratore azzerare radicalmente la dirigenza Atac? Crediamo di no», rimbecca
Renzo Coppini del SUL, «così come crediamo che riaffermare
parte del vecchio management, che nulla ha potuto contro il disastro dell’Azienda, non sia la scelta giusta. Che fare? Possibile che non ci siano quadri all’altezza
della situazione? Possibile che non si riescano a individuare, almeno per una
volta, risorse umane adeguate? Chi si presenta in nome del cambiamento», conclude,
«non si può permettere di compiere gli errori dei predecessori. Noi non
rimarremo a guardare, in silenzio, la fine di Atac, è una risorsa importante
per Roma, contribuire alla soluzione dei problemi è un nostro dovere». Alé.
David Nicodemi
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