Bus senza aria condizionata. Gli autisti: "I passeggeri chiamassero i Carabinieri"
Autobus Atac asfissianti, infuocati, che circolano per le strade romane privi dell’aria condizionata, anche nelle ore più torride. A rischio la salute del personale e dei passeggeri
Autobus Atac asfissianti, infuocati, che circolano per le strade romane
privi dell’aria condizionata, anche nelle ore più torride, col serio rischio di
mettere a repentaglio la salute del personale e quella degli utenti. Si salvano
solo le vetture nuove - gli Urbanway Iveco -, ma non sempre, almeno fino a
quando gli impianti reggeranno lo stress. Le altre, comprese le rosse del 2013,
incredibile ma vero, sono dei veri forni crematori.
“Quest’anno è davvero uno schifo – si lascia sfuggire un
autista -, la situazione è peggiorata”. “Gli utenti se la pigliano con noi - attacca
un altro – ma le colpe non sono le nostre. Siamo costretti a girare con l’aria
condizionata fallata”. Cioè? “La sala operativa si rifiuta di aprire i guasti
per l’aria. Le alternativa sono solo due: proseguire il servizio, assumendosi
ogni addebito in caso di malori, oppure fermarsi e incorrere in un rapporto
disciplinare. Gira che ti rigira il cetriolo dove va?” Meglio non pensarci. “Le
norme introdotte al Codice della Strada – prosegue -, attribuiscono,
complessivamente, maggiori responsabilità agli autisti professionisti, e
nessuno ci pensa”. Ma esiste una disposizione? “Verbale”. Come? “Non c’è nulla
di scritto, ma tanto scritto o no, è la centrale operativa che decide”. “Anche
noi soffriamo il caldo, ma abbiamo le mani legate – spiega un terzo conducente
-, i passeggeri hanno ragione a lamentarsi, l’unica soluzione è chiamare i
Carabinieri”.
All’interno delle vetture si possono raggiungere quaranta
gradi, atroce, tra il sole cocente e il riscaldamento generato dai motori, quando
non prendono letteralmente fuoco, il tutto con un ricambio d’aria pressoché
inesistente, a causa della tipologia dei finestrini. Ricambio di aria necessario
per la salute, onde evitare il manifestarsi di malesseri che colpiscono il sistema
nervoso centrale, tra i quali i disturbi visivi e l’affanno. “Negli scorsi anni
– ricordano gli autisti – venivano distribuite bottigliette d’acqua nei nodi di
interscambio importanti e nelle fermate della metropolitana. Un gesto di scusa
dell’Amministrazione e dell’Azienda nei confronti degli utenti”. Ora solo
pressioni? “Praticamente sì”.
E che i rapporti tra i conducenti e la sala operativa siano
tesi, lo conferma un volantino della RSU-UTL
della rimessa di Magliana, apparso
sulle bacheche la scorsa settimana. “Se la centrale operativa si rifiutasse di
aprire il guasto – recita -, fermarsi al capolinea in attesa di disposizione
scritta e firmata da parte di un superiore (Capolinea, ADE, AMV)”. Non
lasciarsi intimorire, “da eventuali pressioni psicologiche e non prendere
iniziative personali”. Poi il richiamo all’articolo 2087 del Codice Civile, “l’imprenditore è tenuto ad
adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che sono necessarie a tutelare l’integrità
fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”. Argomenti che
la Corte di Cassazione ha ritenuto
legittimi (sentenza n. 6631 dell’11
aprile 2015). Pertanto, hanno rilevato i giudici della Suprema Corte, se il
datore di lavoro non garantisce un “ambiente di lavoro salubre e tale da non
recar danno alla salute dei lavoratori, questi sono legittimati ad astenersi
dall’eseguire le proprie mansioni e a ottenere comunque la retribuzione dovuta”.
E se la Superficie piange, il Metroferro non ride, a
cominciare dai treni della Linea C, che fin dall’inizio
hanno presentato problemi agli impianti dell’aria condizionata, ai CAF sulla Lido. Un calvario.
Alé.
David Nicodemi
Foto Copertina: repertorio ANSA
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