Legge 104, la Cassazione dà ragione a Lavoratore Atac
Dopo la clamorosa sentenza del 2016, la Corte Suprema aggiunge un altro importante tassello per i Lavoratori del Comparto Trasporti
La Corte di Cassazione
ha dato ragione, per una seconda volta, a un dipendente di Atac SpA, confermando quanto deciso dalla Corte di Appello nella sentenza 4046 del 2011. Che ha ritenuto «illegittima la decurtazione dei due giorni
di ferie annuali in conseguenza al godimento dei permessi concessi ex articolo
33 della Legge 104» e condannato,
pertanto, l’Azienda Capitolina, ad «accreditare
all’appellante 4 giorni di ferie relative agli anni 2004 e 2005».
Alla clamorosa sentenza n. 20684 del 13 ottobre 2016, «i permessi previsti dalla Legge 104/92
devono essere considerati ore lavorative», capace di mettere in discussione
gli accordi finora raggiunti nel comparto dei trasporti, tra cui quello, peggiorativo,
firmato in Atac il 27 giugno 2014 (ERA1/ERA2) dai Confederali e da gran
parte dei Sindacati cosiddetti autonomi, che presenta ulteriori restrizioni nei
confronti dei fruitori della 104 stessa, i Giudici della Suprema Corte aggiungono
un altro tassello. Ugualmente importante, che investe l’intera categoria e mette
la parola fine a una vertenza, non secondaria, che si trascina da
oltre un decennio.
Sono anni, infatti, che i Lavoratori si vedono «decurtare»
quei giorni dal conteggio annuale delle ferie e dalla tredicesima mensilità. In Atac come nelle altre Società di trasporto italiane, pubbliche e private, comprese quelle ferroviarie. A parere della Corte d’Appello, «l'interpretazione
della legge 104/1992 nel senso indicato nella sentenza appellata configurerebbe
una discriminazione in quanto i principi di parità di trattamento, applicabili
a tutti i lavoratori, sia del settore pubblico che privato, riguardano anche i
portatori di handicap e in particolare riguardano tutte le condizioni di lavoro
nelle quali vanno comprese sia le ferie che la retribuzione». Pertanto, «l'istituto delle ferie è un istituto irrinunciabile
e come tale garantito dalla Costituzione (articolo 36). Considerare possibile
la loro decurtazione, per la concessione dei permessi ex L. 104/92,
determinerebbe un contrasto con gli obiettivi di tutela fissati dalla stessa
legge quadro di tutela dei disabili. La quale è sorta, appunto, per favorire situazioni
di difficoltà e che, quindi, non può comportare compressione di un diritto,
costituzionalmente garantito, di fruire delle ferie retribuite e finalizzate a
reintegrare l'energia psico-fisica del lavoratore interessato». Inoltre, «distinguendosi le due ipotesi di permessi usufruiti,
per l'assistenza ai disabili, e di
permessi fruiti direttamente dal lavoratore handicappato è possibile, infatti,
rilevare nel primo caso una forma di discriminazione indiretta per il disabile
che è assistito. Nel secondo caso si realizzerebbe una vera e propria
discriminazione diretta verso l'interessato».
Da qui la decisione, «i
permessi lavorativi derivanti dall’articolo 33 non incidono sulla maturazione
delle ferie perciò, in accoglimento dell’appello, deve essere dichiarata illegittima
la decurtazione in capo all'appellante di due giorni di ferie annuali in
conseguenza del godimento dei permessi concessi ex art. 33 L. 104/92 e per
l'effetto l'ATAC deve essere condannata ad accreditare all'appellante 4 giorni
di ferie relative agli anni 2004 e 2005».
Sentenza che l’Azienda ha impugnato con un ricorso, principale,
al quale l’avvocato Alberto Marini,
dello Studio Domenico Marrazzo, in
rappresentanza del lavoratore, ha presentato un «ricorso incidentale
condizionato», che è stato accolto dalla Cassazione: «le ragioni di coerenza
con la funzione dei permessi e con i principi indicati impongono quindi l’interpretazione
della disposizione maggiormente idonea ad evitare che l’incidenza sull’ammontare
della retribuzione possa fungere da aggravio della situazione economica dei
congiunti del portatore di handicap e disincentivare l’utilizzazione del
permesso stesso (soluzione che trova conforto nel parare n. 3389 del 9/11/2005
del Consiglio di Stato, richiamato dalla Corte di Appello)». Per questi motivi,
«la Corte rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale». Alé.
David
Nicodemi
Commenti
Posta un commento
Commenti