Celebrazioni Stanga, Atac censura il Comitato

Hanno preso il via le celebrazioni dei «70 anni di Tram Stanga a Roma», ma non sono mancate le polemiche a causa delle decisioni prese da Atac

Questa mattina ha aperto i battenti, la manifestazione circa le celebrazioni dei «70 anni di Tram Stanga a Roma», organizzata dal Gruppo Romano Amici della Ferrovia (Graf). In programma due giri a bordo della storica vettura 907 nonché visite guidate al Polo Museale di Atac SpA, comprensiva della mostra fotografica allestita sul tram Stanga ex-STEFER, pezzo pregiato ma ancora in attesa dei lavori di ristrutturazione. Mostra «che ripercorre la presenza di questi tram per le strade di Roma. Le vetture sono state costruite dalle Officine Meccaniche Stanga di Padova».  E non sono mancate le polemiche.

Passi la svista sulla 907, uscita dalle Officine di Prenestina, per l'ennesima volta, con le batterie scariche, ma non la vicenda legata ai pannelli della mostra stessa. Sui quali s'è abbattuta, la cosa ha dell'incredibile, una vera e propria censura da parte dei responsabili aziendali del Polo Museale. Che non hanno gradito la presenza del logo del Comitato Trasporti Storici Roma e Lazio (TSRL) sui pannelli. 


Logo che è stato fatto sparire sotto rozze pecette bianche, applicare di corsa nella giornata di ieri, poco prima dell'allestimento. Restano al momento oscure le motivazioni che hanno spinto l’Azienda, o chi per essa, a prendere arbitrariamente questa decisione. Incredibile per tre semplici ragioni: perché quei pannelli, come l'uscita della 907, sono stati pagati interamente dal Graf; perché il TSRL sta lavorando per recuperare il materiale rotabile storico di Atac; perché, infine, il Comitato ha collaborato per la riuscita dell'evento. 

Neanche le iniziative lodevoli, come questa, impegnata a ricoprire e divulgare la gloriosa storia del trasporto pubblico romano, densa di primati, si salvano dalle turbolenti logiche di Atac, la quale non solo non caccia una lira, ma si permette il lusso di tagliare fuori le associazioni che reputa invise. E chissà per quali ragioni. Una cosa è certa, in qualunque altra città italiana, una roba del genere non sarebbe mai successa né tanto meno accettata dei vertici aziendali e comunali. Alé. 
     
     David Nicodemi




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