4 Giugno 1944, la Battaglia di Centocelle

Walter De Domenico propone un estratto e rielaborazione dell'interessante articolo scritto per “I Cento anni della Ferrovia Roma-Fiuggi-Frosinone” - Edizioni ACM 2016)

PREMESSA E INQUADRAMENTO STORICO/MILITARE
Nei primi giorni di maggio 1944 - dopo mesi di aspri combattimenti dall’esito incerto sulla testa di sbarco di Anzio e sulla Linea Gustav - prendeva avvio l’Operazione Diadema, che grazie ad un numero enorme di uomini e mezzi ammassati nel frattempo sulla linea del fronte, avrebbe permesso finalmente agli Alleati di conquistare la prima capitale di uno dei paesi dell’Asse.
Da Cassino fino al mare partì contemporaneamente un attacco simultaneo che in poche settimane, nonostante la strenua difesa dei soldati tedeschi, portò le truppe americane e i loro alleati alle porte di Roma.
Mentre l’Ottava Armata Britannica, proveniente da Cassino, avanzava più lentamente lungo la via Casilina, il grosso della Quinta Armata Americana, proveniente da Fondi e Terracina lungo la costa, ricongiuntasi con la testa di sbarco dislocata tra Anzio e Nettuno, si attestò, dopo aver occupato Cisterna e Velletri, nella zona dei Castelli Romani, pronta a sferrare il colpo decisivo per arrivare a Roma.
Le principali vie di avvicinamento percorse gli Alleati furono le due più importanti vie consolari, che, da tempo immemore, collegano Roma con il sud Italia: la via Appia e,come detto, la via Casilina.
Focalizzeremo ora l’attenzione solo sulla via Casilina, strada che ebbe un’importanza strategica fondamentale per entrambi gli schieramenti duranti quei mesi di guerra, essendo il percorso più diretto, se non l’unico, che collegava Roma con il fronte di Cassino (visto che ancora non c’era l’autostrada Roma-Napoli).
In quei giorni, antecedenti all’ingresso degli alleati a Roma, chi si fosse trovato a percorrere la Via Casilina avrebbe notato sul suo tragitto: cadaveri riversi sui bordi della strada, rottami di carri armati incendiati e carcasse di automezzi distrutti, bestie che trainavano carri con le munizioni, distese agonizzanti sulla carreggiata ancora attaccate alle briglie, gente affamata che cercava di recuperare il possibile dai relitti dei mezzi o dal materiale abbandonato.
Parallelamente alla strada, almeno nell’ultimo tratto, correva anche la Ferrovia a scartamento ridotto della Stefer, che da Roma, attraversando i primi insediamenti abitativi della periferia est della città, arrivava fino a Fiuggi ed Alatri. Tali impianti, già gravemente danneggiati a causa della guerra, fecero da sfondo agli ultimi duri combattimenti, prima dell’ingresso delle truppe alleate nella Città Eterna.
Difatti, fu proprio la periferia est di Roma – e cioè la zona che parte da fuori Porta Maggiore in direzione est, nell’area compresa tra la via Casilina e la via Prenestina – quella prescelta dal comando militare tedesco per opporre l’ultima fiera resistenza al fine permettere, o comunque facilitare il più possibile, la fuga di uomini e materiali ancora presenti in grande numero all’interno e nei dintorni di Roma.
Le ragioni di tale scelta erano due.
Innanzitutto per motivi legati alla propaganda, in quanto combattimenti all’interno della città vera e propria avrebbero causato un alto numero di morti tra i civili e allo stesso tempo la distruzione di monumenti e chiese. In tal caso, entrambi gli schieramenti avrebbero scaricato la responsabilità sull’altra parte, e pertanto, l’esercito che fuggiva, voleva evitare eventuali futuri imbarazzi.
In secondo luogo, in pochissimo tempo, il feldmaresciallo Kesserling ordinò alle retroguardie delle truppe in ritirata di creare un sistema di difesa, sfruttando al meglio i crinali e le alture presenti sul territorio al fine di ritardare al massimo la festa che l’esercito americano voleva celebrare quel 4 giugno del 1944.
Di conseguenza, anche se scontri isolati continuarono per tutta la notte, fino al raggiungimento dei ponti sul Tevere, l’ultima vera battaglia fu combattuta proprio in questa area, fuori delle Mura Aureliane e dalla zona dichiarata “Città aperta”.
Questa ultima battaglia, combattuta violentemente tra alcuni dei migliori reparti di entrambi gli schieramenti, è stata denominata - da me e dall’amico M. Castelli in un nostro precedente lavoro di ricerca – la “Battaglia di Centocelle”, in quanto il fulcro del sistema difensivo tedesco si sviluppava appunto sul pianoro di Centocelle, tra le rovine dell’aeroporto, la stazione ferroviaria sulla Casilina per arrivare fino alla Prenestina ed oltre.
Di queste vicende e di questi cruenti scontri furono testimoni gli abitanti di Centocelle e, tra di loro, in particolare, la famiglia di mio nonno.

LA CD “BATTAGLIA DI CENTOCELLE”:
(COME ROVINARE LA FESTA AGLI AMERICANI E AL GEN. CLARK)
Nelle prime ore della giornata del 4 giugno 1944, a guidare l’avanzata alleata sulla Via Casilina vi era la “Task Force Howze” - reparto misto formato con elementi di diverse unità motorizzate e corazzate, così chiamato dal nome del Colonnello che la guidava - congiuntamente alla First Special Service Force (FSSF) che costituivano l’avanguardia di tutte le armate alleate.
Alle ore 04:40, due compagnie del 1° Reggimento FSSF, partirono da Tor Sapienza, trasportate sui carri armati del 3° Battaglione del 13° Reggimento corazzato, e su 8 mezzi blindati dell’ 81° Battaglione di ricognizione corazzato, raggiunsero la Casilina e da qui cominciarono a muoversi in direzione centro città di Roma.
Mentre era in movimento, la colonna fu raggiunta da altri reparti americani, provenienti dal campo di Osteria del Finocchio, guidate dal Brigadier Generale Frederick, comandante e fondatore dell’unità speciale.
Il trasferimento fu tranquillo e prima delle ore 06:15 la colonna raggiunse senza problemi la stazione posta sulla Casilina all’altezza della borgata di Centocelle, che allora costituiva il primo vero insediamento urbano della città.
Il convoglio quindi procedette avanti, oltrepassando il grande cartello stradale con su scritto “ROMA” - posto allora all’incrocio della Casilina con Via Tor de’ Schiavi – intorno alle ore 06:20.
Tuttavia, proprio da quel preciso momento iniziarono i problemi per gli Americani!
Esattamente poche decine di metri più avanti del grande cartello stradale blu e bianco, un improvviso e pesante fuoco di armi automatiche e contro-carro, proveniente da diverse direzioni li obbligò a fermarsi.
Il forte caposaldo tedesco che aveva provocato lo sbarramento stradale era posizionato poco dopo la Stazione di Centocelle, appena oltre il punto dove la strada attraversava la cresta della collina (oggi non più presente a causa dei lavori di allargamento della Via Casilina) ed era costituito da una serie di postazioni dotate di mitragliatrici - nascoste negli edifici circostanti o dietro alti muri di pietra - da cannoni anticarro, ed era presidiato da un grosso distaccamento di paracadutisti, appoggiato da carri armati Panzer IV della Divisione “Hermann Goring” e da semoventi Sturmpanzer IV Brummbär, con cannoni da 150 millimetri della Panzer-Abteilung 216.
Questa postazione, come abbiamo visto, era al centro di una serie di caposaldi che i paracadutistitedeschi avevano organizzato su una linea curva tutta intorno il lato ovest di Centocelle e costituiva il fulcro strategico dell’ultima linea di difesa ordinata da Kesselring nella notte tra il 2 e il 3 giugno, che correva perpendicolare lungo la periferia est di Roma, partendo dalla via Appia fino alla ferrovia Roma-Pescara.
Appena gli autoblindati americani furono a tiro, si scatenò l’inferno. I cannoni semoventi, mimetizzati ai bordi della consolare, aprirono il fuoco. I due primi semicingolati furono incendiati e distrutti e tutta la colonna fu costretta a fermarsi. I fanti americani immediatamente abbandonarono i propri veicoli e presero posizione sotto un pesante fuoco di armi leggere.
Di conseguenza, la colonna dovette ripiegare verso l’attuale via Palmiro Togliatti, dove si iniziò a pianificare un attacco della fanteria con il supporto dei carri, al fine di sbloccare la situazione.
Tutta la zona del Deposito Stefer, della Stazione di Centocelle e le aree limitrofe, che si trovavano sulla prima linea di fuoco, divenivano all’improvviso teatro di guerra e zona di operazioni militari.
Quasi contemporaneamente, più a nord, altri reparti americani della 88 Divisione di fanteria USA, partiti anch’essi dalla zona di Tor Sapienza, a bordo di autocarri con l’appoggio di carri armati e controcarri, proseguirono il loro percorso in avanti lungo la Via Prenestina, diretti a prendere il controllo dei ponti più a nord sul Tevere. Ma passata la Borgata del Quarticciolo, anch’essi all’altezza del Forte Prenestino, furono fermati da un aspro fuoco di sbarramento dei difensori tedeschi.
Mentre la maggior parte dei reparti americani era incolonnata sulla via Casilina, a causa dello sbarramento a Centocelle, altri carri armati del 3° battaglione del 13° reggimento corazzato provarono ad aggirare l’ostacolo, a sud della consolare, passando attraverso i campi, evitando la folla dei corrispondenti di guerra alleati e l’enorme ingorgo di veicoli militari, dovuto alla concentrazione di così tanti uomini e mezzi in uno spazio così limitato. Ma anche questo tentativo era destinato a fallire, dopo che altri due carri Sherman dell’avanguardia furono colpiti da un cannone nascosto nel labirinto delle strade laterali.
Alcuni civili italiani si erano, intanto, avvicinati alla colonna americana e li avevano messi in guardia sulla presenza di mine anticarro e di mezzi corazzati tedeschi che, con un reparto di fanteria, stavano in agguato più avanti nelle strade circostanti. Così allertato, il generale Frederick inviò altri carri armati del 3° Battaglione sulle strade laterali a trovare un altro passaggio per aggirare l'imboscata.
Il forte caposaldo tedesco di Centocelle era più solido di quanto previsto dalle truppe americane e riuscì a contenere l'avanzata di tutti i reparti motorizzati e corazzati americani provenienti dalla Casilina, Prenestina, Tuscolana e Appia per quasi nove ore.

IL CARTELLO STRADALE “ROMA”
Nel frattempo il comandante della Quinta Armata americana, il generale Clark, giunge in prima linea, è impaziente e preme per riprendere l’avanzata: vuole raggiungere il cartello “ROMA” prima delle ore 16 per farsi lì fotografare dai reporter come il “Liberatore della Capitale” - prima che il giorno dopo, l’attenzione della stampa mondiale sia catturata dallo “Sbarco in Normandia” - e vuole che prima di notte siano raggiunti il centro della città e i ponti sul Tevere, per impedire sabotaggi da parte dei tedeschi in ritirata.
Durante una pausa del fuoco, Clark ed i generali Frederick e Keyes riescono a raggiungere il Cartello stradale ed a farsi fotografare dai numerosi fotografi presenti; ma all’improvviso sono presi di mira da un cecchino tedesco, che colpisce il cartello, mancando di poco Clark e costringendo gli i 3 generali a correre a gambe levate al riparo, in direzione del Fosso di Centocelle. Il cartello stradale, successivamente, dopo la battaglia sarà smontato, donato a Clark e portato in America come ricordo dell’impresa!
Dopo vari tentativi, nel primo pomeriggio gli americani riescono finalmente a sbloccare la situazione: unità corazzate riescono ad aggirare le difese ed a costringere alla ritirata i blindati tedeschi, che sono in parte distrutti.
Lungo le vie Casilina e Prenestina, gli Sherman iniziano allora a dare la caccia ai semoventi controcarro tedeschi , che vengono colpiti o costretti a ripiegare, mentre nelle strade laterali i patrioti italiani aiutano gli americani a snidare mitragliatrici e cecchini. Intorno alle ore 15,30 i diversi reparti americani hanno sopraffatto il grosso della resistenza tedesca e concentrano l’attacco lungo la via Prenestina, dove colonne di Sherman e piccole squadre di fanteria ingaggiano scontri con le ultime retroguardie tedesche.
La battaglia, combattuta finora in campo aperto, si trasforma in tanti piccoli scontri, brevi ma intensi, tra le diverse pattuglie delle avanguardie alleate e gruppetti di soldati tedeschi in ritirata, a volte persi o tagliati fuori, nel dedalo di vie tra gli alti palazzi del quartiere Prenestino.
A creare problemi all’avanzata degli americani, non erano però solo i militari tedeschi, ma anche i civili italiani! Appena si intravedevano nelle strade le isolate pattuglie americane, donne, uomini, vecchi e bambini scendono in strada a festeggiare e ad offrire da bere agli esausti soldati americani… fino a quando gli spari di una mitragliatrice o un colpo di artiglieria non rovina la festa, creando il terrore tra la gente, che tornava a nascondersi nelle cantine o i sotterranei delle abitazioni.
Gli scontri maggiori, in questo frangente, avvengono a ridosso della via Prenestina e nei vicini impianti ferroviari e tranviari della zona, già gravemente danneggiati dai bombardamenti aerei dei mesi precedenti, e che ora costituiscono ottimi ripari o nascondigli per le truppe tedesche in fuga.
Fu soltanto nel tardo pomeriggio che l’attacco decisivo condotto dagli americani riesce ad eliminare le ultime resistenze tra Torpignattara e Porta Maggiore. Finalmente le pattuglie possono avanzare verso il centro, seguite dai genieri che srotolano un nastro di carta bianca come guida per le colonne motorizzate alle loro spalle.
Alle ore 19,15 gli americani sono a Porta Maggiore; alle ore 20,00 le avanguardie sono alla Stazione Termini e attraverso Piazza Barberini, verso le ore 21,00 arrivano a Piazza del Popolo.
Intorno mezzanotte tutti i ponti sul Tevere sono in mano degli alleati intatti.
Il giorno dopo, la mattina della domenica del 5 giugno, il generale Clark, insieme alle sue truppe, può finalmente sfilare nelle vie del centro, tra due ali di folla festante e celebrare il suo trionfo personale come un novello imperatore romano fino sul Campidoglio.
Per Roma si apre una nuova pagina della sua storia, tra speranze, sogni di pace, illusioni e nuovi problemi.

Commenti

Post più popolari