Dov'è finita la liquidazione dei dipendenti Atac?
Numerosi lavoratori dell'ex-municipalizzata capitolina, da mesi in pensione, aspettano ancora l'erogazione di buona parte del TFR
Tra le maglie del piano di
concordato Atac, presentato dai
vertici il 26 gennaio scorso, sarebbero finiti buona parte del TFR, meglio conosciuto come liquidazione o buona uscita, istituito dall’ articolo 2 della Legge 297/1982, molto spesso utilizzata dalle famiglie italiane per
investimenti di rilievo, come le spese per la casa, l’istruzione dei figli e,
non da ultimo, per la salute. Un importante salvadanaio, si sa, parte
integrante della vita, che al momento parecchi lavoratori della ex-municipalizzata
romana, andati in pensione da mesi, ancora aspettano. Almeno stando alle
segnalazioni pervenute direttamente a questo Blog.
«Buonasera, sono andato in pensione a settembre 2017», recita il
messaggio, «e a tutt’oggi non prendo il
TFR, dopo sette mesi. Come me ci sono centinaia di colleghi. Priamo e Andasai hanno
pagato dopo 3 mesi». E in Atac che dicono? «In Azienda non sanno darci una risposta, i nostri conti sono fermi a
causa del concordato». Una tesi, quest’ultima, che sarebbe stata sostenuta
da esponenti di primo piano della maggioranza capitolina (mah!).
E in attesa di ulteriori verifiche,
è utile sottolineare che al riguardo la normativa è chiara. Infatti, nel caso
in cui l’azienda sia in crisi o sia stata messa volontariamente in stato di
liquidazione, il TFR dei lavoratori dipendenti viene comunque garantito dal Fondo di garanzia INPS. Tale principio
è stato sancito anche dalla giurisprudenza che afferma come «il
pagamento del TFR maturato dal dipendente è a carico del Fondo di Garanzia
anche se non sussiste tecnicamente il fallimento del datore di lavoro ma questi
si dimostra insolvente» (Fonte Money). Alé
David
Nicodemi
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