Termini-Giardinetti, il Pd romano ha perso un'occasione per tacere
La polemica corre sul web. Protagonista della vicenda, stavolta poco trascurabile per via del tema trattato, il vice-segretario del PD romano
La polemica corre sul
web. Protagonista della vicenda, stavolta poco trascurabile per via del tema
trattato, il vice-segretario del PD romano
Mariano Angelucci che, assieme al
coordinatore della Segretaria Riccardo
Corbucci, hanno estratto dal cilindro una dichiarazione congiunta sul
futuro della Termini-Giardinetti,
attaccando l’Amministrazione pentastellata sulla scelta di ricorrere allo
«scartamento ridotto» per il prolungamento a Tor Vergata. Ovvero, l’ultimo dei
problemi.
Sembrano ormai lontani i
tempi di Walter Tocci, Cesare Vaciago e Mario Di Carlo, Marione per gli amici, tanto per fare
qualche nome, figure alle quali è stato riconosciuto un oggettivo contributo
nei trasporti pubblici romani, al netto delle diatribe partitiche passate e
odierne. Beh, pensare a costoro e leggere la nota stampa di chi ora svolge
ruolo primario nel Pd della Capitale, erede morale e materiale di quella scuola
e di quella cultura, da un lato fa sorridere dall’altra fa comprendere come il partito
abbia perso per strada propria identità.
«Continuano i disastri
del M5S al Comune di Roma. Lo scartamento ridotto della ferrovia Termini-Giardinetti
è l'ennesima», recita il comunicato stampa di Angelucci e Corbucci, «scelta
scellerata che pagheranno i cittadini di Roma e in particolare quelli nei
Municipi V, VI e VII. Infatti mentre da una parte l'amministrazione 5 stelle e
in particolare il Presidente della commissione mobilità Stefàno, campione di riunioni e dichiarazioni, sembrerebbe aver
deciso che l'ex ferrovia concessa dovrà arrivare a Tor Vergata, dall'altra ha
deciso che dovrà restare lo scartamento ridotto, una
eredità dell'Ottocento». «Mentre tutto il mondo segue lo scartamento
standard di 1.435 cm il presidente della commissione mobilità ha intenzione di
lasciare la Termini-Giardinetti a 950 cm, relegandola all'isolamento. Lo
scartamento ridotto sarà un danno che pagheremo per un secolo in quanto non
permetterà di integrare la linea Termini-Giardinetti con il sistema tramviario
della città, comportando l'isolamento dei depositi con conseguente aumento dei costi
di produzione e manutenzione. Il Piano Regolatore di Roma, invece,
stabilisce la trasformazione della linea ex ferrovia concessa della Regione
Lazio in tramvia moderna. La Regione Lazio ha dichiarato di essere pronta a
fare il passaggio di proprietà a Roma Capitale con la conseguente
trasformazione da ferrovia a tramvia. I cinque stelle, già no tap, no tav, no
vax sono diventati 'no tranvia'. A Tor Vergata si deve arrivare con
il prolungamento della metro A da Anagnina al Policlinico e con fermate
al servizio del Campus Universitario. La Termini-Giardinetti deve essere
trasformata in una moderna tramvia, integrata e integrabile con la rete dei
tram della Città per portare Roma nel futuro».
La capacità dei Dem di
inscenare una polemica inutile è direttamente proporzionale alla manifesta
ignoranza nel settore, emersa nella nota. Che raggiunge il culmine, quando gli
esponenti della Segreteria Romana si schierano in favore del prolungamento
della metro A: una linea già satura, al punto da non potersi permettere un
ulteriore aumento dei carichi; la quale, proprio per questo, andrebbe
alleggerita, realizzando un alternativa valida e altrettanto sostenibile, come
una linea tranviaria, anche a scartamento ridotto, seguendo i modelli adottati
a Cagliari e Sassari. Ma forse sarebbe chiedere troppo a chi, come Angelucci, ex-presidente
della commissione Lavori Pubblici al
Municipio VI, si vanta di aver ripristinato «la linea Atac Grotte Celoni –Termini», soffocando la Casilina con bus,
anziché dedicarsi alla riapertura della tratta ferroviaria Centocelle-Giardinetti.
Le repliche al comunicato
non si sono fatte attendere. Il primo a lanciare un siluro è Riccardo Pagano, attivista Pd e
co-fondatore del Comitato referendario Mejo
di No: «Quante banalità e inesattezze. Lo scartamento ridotto non è
un'eredità dell'800 (anche perché la ferrovia è del 1916), ma uno standard
tipico di molte "Stadtbahn" del mondo, quale è la Roma Giardinetti,
poiché consente raggi di curvatura coerenti con le geometrie stradali, pur
mantenendo la sezione tipica del binario ferroviario. Non si capisce in che
modo modificare lo scartamento da 950mm (non cm) a standard dovrebbe in qualche
modo cambiare le cose, visto che: lo scartamento tranviario a Roma è di 1445mm,
non 1435mm, quindi non standardi binari dell'armamento ferroviario non hanno la
stessa sagoma dei binari dell'armamento tranviario; lo scartamento metrico e
standard non inducono alcuna sostanziale differenza di esercizio. Deduco che
voi intendiate quindi non il cambio di scartamento ma il completo rifacimento
dell'armamento, una misura estremamente costosa che è stata ampliamente sfatata
da qualsiasi indagine ingegneristica poiché l'infrastruttura ferroviaria,
rispetto a quella tranviaria, garantisce livelli di esercizio ben più superiori
ed efficienti di una semplicissima tranvia e la sostituzione dell'armamento
ferroviario con quello tranviario significherebbe solamente un costoso depotenziamento
della ferrovia. Piuttosto, sarebbe il caso di ragionare in un potenziamento
della ferrovia, seguendo la strada tracciata dalla bellissima metrotranvia di
Cagliari che altro non è che una ferrovia "Stadtbahn" con le stesse
identiche caratteristiche tecniche della nostra Roma-Giardinetti, dove tuttavia
operano treni a pianale ribassato più simili ai tram».
«Le vostre paturnie»,
aggiunge Omar Cugini del Cesmot, «costringerebbero a rifare
totalmente tutta la linea. Capisco che il vostro partito é stato quello che ha
fatto chiudere la tratta Centocelle Giardinetti e che quindi a voi dell'utenza
non freghi assolutamente nulla, però state proprio sbagliando tutto. Quanto
allo studiare, credo che dobbiate essere voi a studiarvi la storia della
linea».
Anche dall'UTP arriva una sonora bocciatura. «Dopo i
Comitati Anti-Cordolo e i Comitati Anti-Corsie preferenziali», spiega il responsabile romano Roberto Donzelli, «è uscito fuori anche
il Comitato Anti-Ferrovia. La polemica in merito allo scartamento della
Ferrovia Roma-Giardinetti e sulla sua ipotetica conversione in tramvia cela in
realtà un intento non dichiarato, ma che trapela tra le righe, specie
conoscendo le ipotesi avanzate negli ultimi anni. Il vero problema non è tanto
lo scartamento, quanto il tracciato. Perché ciò che si propone in alternativa
altro non è che quanto si diceva pochi anni fa: smantellamento della Ferrovia
con successiva (non si sa quando né con quali soldi e quale materiale rotabile)
realizzazione di una tramvia su una parte (circa un terzo) del percorso e
dismissione dei tratti di estremità (Pigneto-Laziali e Centocelle-Giardinetti),
per allargare lo spazio a disposizione del traffico privato e del posteggio.
Quindi eliminazione del trasporto pubblico per fare spazio alle automobili, una
logica da anni 60. Per di più questo ipotetico e molto vago tram passerebbe sul
Vallo Ferroviario al Pigneto presupponendone la copertura, che viceversa non è
più prevista né all’ordine del giorno; andrebbe poi ad inserirsi nelle linee
della Prenestina da Porta Maggiore a Termini, tratto già saturo, dimezzandone
di fatto la capacità. Anche il tratto sulla Casilina consisterebbe in una "corsia
preferenziale asfaltata con binari"». «Inoltre, questo ipotetico tram (che
non si sa con quale materiale rotabile debba essere esercitato) avrebbe una
complessiva capacità di trasporto pari a meno della la metà del treno, visto
che i convogli tramviari hanno minore capienza di quelli ferroviari, e
soprattutto considerato che la convivenza con le linee della Prenestina nel
tratto Termini-P.le Prenestino dimezza la capacità di ciascuno dei due rami. Il
mantenimento dello scartamento ridotto e del tracciato integrale indipendente
consentirebbe il mantenimento del servizio per tutta la durata dei lavori senza
interruzioni, il proseguimento dell’utilizzo dei treni esistenti meno datati
(anno 80-90), con acquisto solo di quelli per rimpiazzare i più vecchi e non
per la sostituzione integrale, considerato che il costo di un tram nuovo o di
un treno modello Cagliari è lo stesso. Smantellare e rifare avrebbe costi molto
maggiori, interruzioni molto lunghe senza nemmeno la garanzia che poi
l’infrastruttura nuova si faccia effettivamente, per ottenere un risultato
peggiorativo: meno capienza, meno velocità, intralcio alla rete tramviaria
esistente, veicoli gommati sui binari, riduzione complessiva del sistema su
ferro. Il vero scopo della polemica è quindi smascherato: è lo stesso dei vari
comitati che si oppongono alla protezione delle corsie preferenziali (Via
Emanuele Filiberto, Viale Libia, Viale Marconi, eccetera). Eliminare il sedime
ferroviario per lasciare libero pascolo alle automobili. E in cambio il
contentino di rimettere, non si sa quando e con quali soldi, i binari su un
minuscolo pezzettino del tracciato per un fantomatico tram affogato
nell’asfalto e di molto minore utilità. Una palese contiguità anche col Comitato Nimby di Via Giolitti che da anni fa
la guerra al trasporto pubblico. Quindi la vera questione è se far evolvere
gradualmente la linea verso uno standard di metropolitana leggera o metro
tramvia, oppure dismetterla in cambio forse di niente, o comunque al massimo di
molto meno. Lo scartamento è solo un pretesto».
Per il Presidente della
commissione trasporti in Campidoglio Enrico
Stefàno, «i dirigenti del Pd romano non si smentiscono mai. Con le loro
uscite sconclusionate su temi cruciali per la città come i trasporti stanno
conducendo quel che resta del loro partito direttamente verso l'estinzione. In
questo comunicato completamente fuori luogo dimenticano una serie di cose.
Aiutiamoli: La linea Roma Giardinetti è stata dimezzata a Centocelle nel 2015,
quando erano alla guida della città, con danni incalcolabili per l'utenza e per
Atac, dato che sono stati ridotti i
proventi da contratto di servizio (tra l'altro soldi della Regione), minando il
futuro stesso della infrastruttura; ora con pazienza e determinazione stiamo
lavorando per il rilancio, la riqualificazione e il potenziamento della linea
che sono punti fermi del PUMS. È stato
a tale scopo aperto un tavolo di concertazione con il Ministero dei Trasporti e la Regione
Lazio che sta valutando con attenzione tutte le alternative: dalla completa
sostituzione dell’armamento (che avrebbe un costo di circa 24 milioni e
richiederebbe, nello scenario più ottimistico, la sospensione del servizio per
circa 10 mesi con necessità di operare in maniera molto più impattante sul
deposito, peraltro vincolato come bene storico) al mantenimento dello stato di
linea indipendente ma funzionalmente connessa al resto della rete; Il deposito
di Centocelle è un piccolo impianto
che comunque necessita di importanti lavori di riqualificazione, ha macchinari
che andrebbero persi nella riconversione e una capacità di parcamento di circa
30 mezzi. Al di là della scelta sullo scartamento, questo impianto potrà
servire all’esercizio di questa linea che, prolungata, manterrà una
disponibilità per altre vetture inferiore alle 10 unità. Viceversa, la rete
tranviaria romana ha bisogno di almeno un nuovo deposito con dimensioni ben
maggiori di quello di Centocelle sul quale comunque si stanno facendo le
opportune valutazioni; Consiglio ad Angelucci e Corbucci un breve viaggio ad
esempio a Linz, in Austria, dove lo scartamento ridotto è
ampiamente utilizzato con vetture di ultima generazione e una qualità del
servizio eccellente». Alé.
David Nicodemi
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