Cara Atac, io posso.




In queste ultime settimane di chiacchiere sul mio conto ne ho sentite tante, ma di atti concreti neanche l’ombra. Peccato, un’altra occasione perduta. 



Hanno detto e disdetto, montato e smontato, lanciato anatemi e scomuniche, minacciato querele, insomma stanno escogitando anche l'impossibile per intimorirmi. Si sono persino inventati di essere in possesso di una disposizione che mi vieta di salire sui mezzi pubblici. Che ridere. Alle guardie giurate, che hanno cose più serie da tenere a bada, avrebbero detto di tenermi d'occhio e di avvertire via Prenestina qualora assumessi un comportamento sospetto. E questo lo fanno perché gli da fastidio quello che scrivo. 

La loro é una classica equazione all'italiana: tarpare le ali alla libera informazione anziché risolvere i problemi agli utenti come al personale dell'esercizio. Meglio di così. Ed è per questo che hanno assunto uno stuolo di esperti in comunicazione, tra cui l'eccentrico Klaus Davi.

Cara Signori, io posso entrare!
Miei cari signori dell’Atac, accecati dalla vostra bramosia e ignoranza, ci vuole ben altro per fermarmi, mi spiace per voi. Io continuerò a scrivere, continuerò a raccontare la verità, come ho sempre fatto nella mia modesta vita da cronista. E se la cosa vi disturba, beh, andatevene, lasciate la vostra poltrona, dimettetevi tutti, in blocco. 

Siete i maggiori responsabili del disfacimento economico e morale dell’Atac: siete Voi la causa dei disservizi, Voi che avete premiato, a suon di quattrini (pubblici), gli amici e gli amici degli amici, Voi che avete portato i dipendenti a vergognarsi del proprio lavoro, Voi che avete contribuito a distruggere l’immagine della nostra città, Roma. Siete Voi, insieme all'Amministrazione Comunale, il vero problema di Atac e non io. Perciò andatevene, la comunità, gli utenti e il personale tutto ve ne sarà grado. Fatelo e soprattutto ‘a gratise’. Alè.

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