C'era una volta il Treno della Tuscia

Atac smentita dalla propria storia: negli anni Ottanta il Treno della Tuscia era una realtà, condivisa dai cittadini e dal personale. Vergognatevi. 


     Caro David,
sto seguendo con vivo interesse la tua campagna contro la demolizione dei rotabili storici della Roma-Viterbo e della metropolitana. "No alla demolizione, si allavalorizzazione" è un ottimo slogan, ma in ATAC, azienda che non ha saputo degnamente celebrare i suoi primi cento anni e continua a favorire autori approssimativi, sanno cosa vuol dire il verbo valorizzare? Sanno che è possibile utilizzare il materiale storico per iniziative che da una parte fanno cassa, dall'altra migliorano il rapporto e la comunicazione tra azienda e utenti? Di sicuro non sanno che esiste un illustre precedente al riguardo, risalente a oltre trent'anni or sono e che riguarda proprio la ferrovia Roma-Viterbo.

Pochi sanno, infatti, che la denominazione "Treno della Tuscia" risale ad una iniziativa promossa dell'Ente Provinciale per il Turismo di Viterbo (allora diretto da Vincenzo Ceniti), che pensò di utilizzare la Linea ferroviaria per promuovere il turismo verso il viterbese. Col pieno favore dell'allora A.Co.Tra.L., che "mise a disposizione tre vagoni più motrice e la più totale collaborazione delle strutture dell’Acqua Acetosa e di Catalano, nonché del personale viaggiante", per circa 20 domeniche all'anno si poteva fare un viaggio turistico sull'intera linea con spuntino a bordo treno, pranzo e visita in una località intermedia, visita a Viterbo, merenda in altra località intermedia durante il viaggio di ritorno. Il tutto a prezzi abbordabili (13.500 lire nel 1980, prezzo ridotto bambini e ragazzi 8.500 lire), per la partecipazione di numerosi sponsor, i quali partecipavano con la contropartita di poter "effettuare shopping artigianale e agrituristico in alcune località lungo il percorso. In treno potranno essere acquistati volumi artistici, cartoline illustrate, guide turistiche dei luoghi visitati". La quota di partecipazione comprendeva "trasporto ferroviario, spuntino a bordo, assistenza hostess, (una per vagone), transfer in bus ove previsti, ingresso ai monumenti, pranzo in ristorante, merenda a base di porchetta".
Nel solo 1980 (periodo in cui il Ministero dei Trasporti premeva per chiudere la tratta Civitacastellana-Viterbo) vennero effettuati ben 19 treni nei giorni 13, 20,25, 27, aprile, 4, 11, 18, 25 maggio, 1, 8, 15, 22, 29 giugno, 6, 13, luglio, 7, 14, 21, 28, settembre. Un programma del 1980 appare quantomai interessante:

Ore 8,15    appuntamento a piazzale Flaminio
Ore 8,42    partenza
Ore 10,15  arrivo a Civita Castellana; visita del Forte del Sangallo
Ore 11,30  partenza per Bagnaia
Ore 12,30  arrivo a Bagnaia; visita guidata dei giardini di Villa Lante.Pranzo presso il ristorante Checcarello.
Ore 15,00  Arrivo a Viterbo; transfer con bus a piazza del Plebiscito.Visita guidata del centro storico (Palazzo dei Papi e Quartiere di San Pellegrino)
Ore 18,00  Partenza per Vignanello, merenda e banda musicale. Rientro a Roma

Se tutto questo era possibile in un periodo non del tutto roseo per le ferrovie (la Roma-Fiuggi stava agonizzando in attesa dell’inevitabile chiusura, si parlava di chiudere la Roma-Frascati), non potrebbe esserlo al giorno d'oggi? Ma davvero non si troverebbero sponsor altrettanto entusiasti per coprire almeno parte delle spese di restauro dei rotabili e dell'organizzazione dei viaggi? Non lo credo, esattamente come non credo mancherebbe la risposta di romani e forestieri a partecipare.
 

                                                                                   Mauro Di Pietrantonio*





*collaboratore de Tram e Filobus a Roma (V.Formigari e P.Muscolino, Ediz. Calosci, 2008), co-autore de In Tram fuori Porta San Paolo (Vittorino Naldini, Edizione 2013) e del sito TramRoma.com






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