Zingaretti e Raggi distruggono il Treno della Tuscia

La Direzione Regionale autorizza Atac a demolire il materiale storico della RomaNord, nel silenzio assordante del Presidente e della Sindaca

Nemmeno il tempo di terminare i festeggiamenti de Il Treno torna Cave, con l’apertura al pubblico della carrozza storica della ferrovia Roma-Fiuggi-Frosinone e l’inaugurazione della mostra fotografica a bordo, evento che ha suscitato notevole interesse, che dalla Regione Lazio arriva una notizia aberrante, per certi versi aspettata, la quale mette la parola fine - vedremo - al Treno storico della Tuscia. Con buona pace delle Associazioni e dei Comuni che avevano creduto nell’ambito progetto, soprattutto per le sue potenzialità turistiche che occupazionali.

Martedì scorso, 5 giugno, il Responsabile dell’Area 10 della Direzione Regionale Territorio, Urbanistica e Mobilità ha autorizzato la Soc. Atac SpA alla «vendita di rotabili accantonati in via definitiva con l’obbligo di rottamazione del materiale rotabile tipo EM-TBB, Rimorchiate TIBB e Carri Pianale». E sono, in buona sostanza, i convogli della ferrovia Roma-Civita Castellana-Viterbo, elettromotrici e non, accantonati sui binari di Fabrica di Roma. Dalla fiamma ossidrica si salverà solo «il carro pianale P306» che l’Azienda Capitolina dovrà consegnare «all’associazione Bunker Soratte per la musealizzazione». Per il resto, amen.



Una concessione – o vittoria di Pirro – che, oltre a lasciare l’amaro in bocca, spiana la strada a una serie di interrogativi: infatti, è da molto tempo che il Comitato TSRL e la Cooperativa ARS onlus chiedono di conservare le vetture idonee per la realizzazione del treno storico, sul modello di Fondazione FS. Perché non sono state date risposte? Chi ha paura di questo progetto? E perché è stata data alla Soc. Atac di disporre dei beni della collettività? 

Nelle istanze, inviate di continuo e divenute successivamente parte integrante di una petizione online rivolta al Presidente della Regione Nicola Zingaretti, Comitato e Cooperativa sottolineavano che «nel quadro degli interventi è di vitale importanza ritagliare uno spazio alla memoria storica», onde «rilanciare il turismo sostenibile, diffuso e integrato con la mobilità dolce, attraverso i quali valorizzare il patrimonio non solo monumentale». E, ancora: «È determinante, in questa prima fase, una corretta selezione del materiale ferroviario del 1932 da preservare, che presenta peculiarità uniche e di semplice restauro estetico e tecnico. La soc. Atac SpA, nell’avviare il processo di alienazione/demolizione, ha provveduto a ricoverare presso i locali in disuso di Viterbo, a fini museali, n. 4 convogli (Locomotore 02, Elettromotrice 25, la Rimorchiata Salone 59 e la Rimorchiata Pilota 80). Da un’analisi approfondita emerge che il materiale scelto risulti tecnicamente incompatibile tra loro e, inoltre, danneggiato al punto tale da compromettere la ristrutturazione, specie l’elettromotrice 25. Pertanto, onde precludere la realizzazione del Treno Storico della Tuscia, chiediamo l'immediato intervento affinché le carrozze 25 e 80 vengano sostituite con le carrozze 77 e 52».Una semplice sostituzione che, a questo punto della storia, considerata la dolente nota della Direzione Regionale sorretta dall'ingegner Carlo Cecconi, mai arriverà. 

Anche perché chi doveva e poteva dare un'indirizzo politico, sciogliendo il bandolo della matassa e togliere il faldone dalle mani dei tecnici, meri esecutori, ha pensato bene di girarsi dall'altra parte, di comportarsi, al solito, come Ponzio Pilato. Malgrado una fitta campagna mediatica, gli appelli delle Associazioni e delle Amministrazioni attraversate dalla RomaNord. Dalla Sindaca di Sant’Oreste Valentina Pini al Comune di Rignano Flaminio, per esempio, uniti nell'intraprendere «iniziative di stimolo ad attività di turismo ferroviario, inteso come elemento di sviluppo turistico sostenibile e finalizzato alla valorizzazione socio-economica del territorio circostante».

Sarà l'impreparazione, la paura, la scarsa lungimiranza politica, non si capisce, fatto sta che ogni tentativo è stato inutile, non è riuscito a destare dal torpore il Presidente della Regione Zingaretti da un lato - ente proprietario dell'infrastruttura e del materiale rotabile - e la Sindaca di Roma Capitale Virginia Raggi dall'altra - ente che controlla il 100 per cento del pacchetto azionario di Atac SpA-. La loro è un'intesa stravolgente, altro che, senza precedenti: entrambi, infatti, si badi bene, si sono altamente infischiati dei cittadini, dei Sindaci e delle mozioni di merito licenziate dalle rispettive maggioranze. La prima della consigliera  Svetlana Celli, votata all’unanimità dall’Assemblea Capitolina (quindi M5S compreso), la seconda dei consiglieri regionali PD Pannunzi e Ciarla: «Il Consiglio Regionale impegna il Presidente e l’Assessore alla Mobilità a promuovere», recita il documento licenziato verso la fine della scorsa legislazione, «coinvolgendo le amministrazioni locali e le realtà associative interessate, le iniziative più opportune finalizzate a discutere e approvare un progetto per Istituire Il Treno della Tuscia, individuando nel contempo i convogli da destinare alla composizione dello stesso e le risorse cui sarebbe possibile attingere, anche facendo ricorso a fondi extraregionali».

Il loro silenzio (o menefreghismo, dipende dai punti di vista) lascia interdetti, dimostra che le parole in campagna elettorali, in difesa della conservazione della memoria della collettività, erano soltanto chiacchiere, le solite promesse da bar. Spese col chiaro obiettivo di racimolare qualche voto. Ma ciò peserà sul curriculum politico, gli echi di questa assurda vicenda risuoneranno a lungo, tanto da farli passare alla storia come i materiali distruttori della storia stessa, come i migliori alleati di chi, dentro e fuori Atac, non vede l'ora di appiccare la fiamma ossidrica.   

Si auspica un intervento in extremis del nuovo Governo, visto il crescente interesse e sviluppo delle ferrovie turistiche e del relativo indotto, la cui legge porta la firma anche dei membri dell’attuale maggioranza governativa. Alé. 
    David Nicodemi

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